I traduttori automatici

I traduttori automatici (e i giornalistucoli raccomandati) sono la principale fonte di umorismo del ventunesimo secolo… Conosco delle persone che ci si baloccano per farsi delle grasse risate ed io sono una di quelle, d’altronde come si fa a non ridere davanti a un simile articolo firmato da Paolo Attivissimo e pubblicato sul suo blog?

“Repubblica” colta a usare i traduttori automatici. E pure male

 Questo articolo vi arriva grazie alla segnalazione di RobertGh*.

Questa schermata di Repubblica, tratta da qui, rivela il metodo di lavoro altamente professionale utilizzato dalla redazione: invece di sapere almeno l’inglese, i suoi giornalisti usano i traduttori automatici. E li usano anche male. Prendono la notizia in inglese, la danno in pasto al traduttore automatico, e pubblicano qualunque cosa ne venga fuori. Senza neanche pensarci su, evidentemente. Osservate attentamente la schermata qui sotto (immagine e didascalia). Se siete increduli, ascoltate anche l’audio del servizio.

screenshot

La nonnina supersportiva australiana viene chiamata Dorothy De Basso da Repubblica. Lontane origini italiane? Macché. Guardate come si firma sulla racchetta. Dot (diminutivo di Dorothy) De Low.

E a noi chiedono di delegare a questi mestieranti il compito di informarci su quello che succede nel mondo. Pagandoli per questo privilegio. Spiritosi.

Io aggiungo che magari La Repubblica ha scelto la linea “ridere per non piangere”, e ha deciso di trasformarsi in foglio satirico…

pulsante_prevtraduzioni

Come ottenere la cittadinanza italiana

Con la legge 15 luglio 2009 n. 94 sono state introdotte alcune novità riguardo ai requisiti necessari per ottenere la cittadinanza italiana.

Per le richieste di concessione della cittadinanza per matrimonio di un coniuge straniero con cittadino italiano, si passa da sei mesi a due anni di residenza legale (iscrizione anagrafica) o tre anni se residente all’estero. Tale termine è ridotto ad 1 anno in presenza di figli, anche adottivi. [Vedi la circolare n. 13074 del 7 ottobre 2009].

In passato nel caso di separazione dei coniugi, il riconoscimento della cittadinanza permaneva, perché era sufficiente essere in possesso dei requisiti al momento della presentazione della domanda.  Adesso, nel caso di presentazione dell’istanza di riconoscimento della cittadinanza italiana alla Prefettura competente in cui interviene lo scioglimento del matrimonio o la separazione dei coniugi, l’istanza verrà rigettata poiché è stato stabilito che il rapporto di coniugio deve permanere fino all’adozione del provvedimento di riconoscimento da parte del Ministero dell’Interno.

Nel caso in cui vi è la separazione dei coniugi e successivamente interviene una riconciliazione tra il richiedente straniero e il coniuge italiano, bisogna redigere apposita dichiarazione nell’atto di matrimonio, e in questo caso, i termini previsti per la concessione della cittadinanza dovranno essere conteggiati ex novo a partire dalla data della riconciliazione. [Vedi la circolare n. 6415 del 17 maggio 2011].

Un’altra importante novità è che non sarà più possibile auto-certificare lo stato di famiglia, la residenza. Pertanto, il possesso dei requisiti deve essere certificato attraverso il supporto di documentazione (i certificati). Lo stesso vale anche per i cittadini comunitari.

Viene introdotto, infine, il versamento di un contributo pari a 200 € per le nuove istanze.

Ecco i documenti da allegare al modulo per la presentazione della richiesta di cittadinanza:
– estratto dell’atto di nascita completo di tutte le generalità (per i cittadini romeni e moldavi vale il certificato di nascita apostillato e tradotto in lingua italiana da un traduttore iscritto all’Albo);
– certificato penale del Paese di origine e degli eventuali Paesi terzi di residenza;
– titolo di soggiorno;
– atto integrale di matrimonio (per i cittadini romeni e moldavi, se non sposati con un cittadino italiano,  vale il certificato di matrimonio apostillato e tradotto in lingua italiana da un traduttore iscritto all’Albo);;
– stato di famiglia;
– certificato storico di residenza;
– certificato del casellario giudiziale e dei carichi pendenti;
– certificato di riconoscimento dello status di rifugiato o dello status di apolide;
– ricevuta di versamento del contributo di € 200,00.

Spero che l’articolo sia stato esauriente. Nel caso in cui avete già inoltrato la domanda per la cittadinanza, potete consultare on line lo stato della pratica cliccando sull’immagine di qua sotto

immigrazione_consulta_stato_pratica_cittadinanza

 

 

 

pulsante_prevtraduzioni

Traduttori: poco pagati

InterpreterNicoleKidman

Un mestiere che cambia, con la globalizzazione dei mercati, ma è ancora “sottovalutato”. Ecco la fotografia del settore nelle anticipazioni di un’indagine condotta dall’Associazione italiana traduttori e interpreti. Specializzazioni emergenti e punti deboli: intervista al presidente Sandro Corradini.

LA MAPPA DELLA FORMAZIONE: le lauree specialistiche.

OCCUPAZIONE E LINGUE:imprese alla ricerca di laureati bilingue

di LUCA BALDAZZI
Tempi duri per traduttori e interpreti. Cambiano le specializzazioni e le richieste del mercato, le competenze si evolvono, ma non cambia un dato di fondo: è un mestiere tanto qualificato quanto, in generale, ancora sottopagato. Lo conferma un’indagine condotta dall’Aiti (www.aiti.org), associazione nazionale del settore, tra circa 800 professionisti che lavorano con la lingua italiana, sia nel nostro Paese sia all’estero. La ricerca, in via di completamento, sarà pubblicata sulla rivista “Il Traduttore” e inviata ad addetti ai lavori, aziende, Università, scuole e biblioteche. “Abbiamo fatto il nostro ‘studio di settore’ – spiega Sandro Corradini, presidente dell’Aiti – e abbiamo scoperto cose interessanti, ma anche molte note dolenti”.

Ad esempio?
“Le risposte valutabili al nostro questionario sono state 670, all’85% di donne, il che rispecchia più o meno il quadro nazionale della professione. I campi della traduzione nei quali oggi c’è maggiore richiesta da parte del mercato sono quelli tecnico-scientifici. Nell’ordine: al primo posto industria e tecnologia, poi giurisprudenza, marketing e pubblicità, economia e finanza, informatica e farmaceutica. Per chi studia da traduttore o interprete, quindi, può valere la pena specializzarsi e acquisire competenze linguistiche specifiche in uno di questi cinque settori. Del resto è l’indicazione che suggeriremo alle Università, che attualmente, con la seconda fase della riforma ‘3 più 2’, sono impegnate a definire in modo più compiuto i contenuti delle lauree specialistiche di secondo livello. L’idea è di arrivare a una ‘Laurea magistrale unica’, con due specializzazioni, in traduzione o in interpretariato di conferenze”.

E le note dolenti?
“Stanno purtroppo nel reddito. Nel campo dell’editoria, delle traduzioni letterarie e di saggistica, si lavora a tariffe quasi inferiori a quelle delle colf. Il prezzo medio oscilla tra gli 8 e i 16 euro a cartella, con maggiore frequenza di compensi intorno ai 10 euro. E va considerato che spesso, per tradurre una cartella di testo, non basta un’ora. Va un po’ meglio a chi fa traduzioni tecniche, ma non poi tanto. Sul mercato italiano, quello che paga meno di tutti in Europa, la media è di 20 euro a cartella, mentre all’estero si arriva a 40-45 euro”.

Perché è così poco pagato un lavoro per cui si può studiare anche 8-10 anni tra corsi di laurea e master?
“Per vari motivi. Uno è la mancanza di un riconoscimento giuridico della professione e delle relative qualifiche e di un tariffario codificato. Quest’ultimo c’era, ma l’Antitrust lo ha abolito nel 2004. Così chi ha bisogno di un servizio di traduzione non ha punti di riferimento: i committenti non sanno valutare la difficoltà di un lavoro e il grado di professionalità richiesto. In pratica, rischia di valere uguale chi ha trascorso sei mesi in Inghilterra e chi invece ha alle spalle una laurea e anni di esperienza. Così, mentre con l’internazionalizzazione aumenta la richiesta di lavoro da parte delle aziende, si assiste in parallelo a una drastica riduzione delle tariffe”.

Ma da traduttore si può lavorare solo come freelance?
“Solo l’Unione europea e organismi internazionali come la Corte di giustizia dell’Ue prevedono contratti di assunzione per ‘traduttori’. Nelle aziende in genere non si applica questo profilo specifico: si può essere impiegati come ‘mediatori linguistici’, in società fortemente orientate all’export, per gestire i rapporti commerciali con l’estero, accompagnare clienti durante le fiere e così via. Per questo profilo basta la laurea triennale in mediazione linguistica: un corso offerto praticamente da tutte le Università italiane, che però quanto a competenze non prepara sufficientemente per inserirsi sul mercato come liberi professionisti. Nelle case editrici, invece, raramente i traduttori sono ‘interni’”.

Il boom economico della Cina aprirà nuove e migliori prospettive di lavoro?
“In realtà, per ora, nei rapporti tra Italia e Cina si usa quasi sempre l’inglese come lingua veicolare intermedia. Gran parte del lavoro di traduzione in Italia si svolge da e verso l’inglese (80%), seguito dal tedesco, dal francese e dallo spagnolo. Va anche considerato che, per imparare davvero bene il cinese, i tempi sono molto lunghi. Per capirci: anche chi lo ha studiato all’Università difficilmente sarebbe in grado di tradurre in cinese un manuale di istruzioni per l’uso di una tv o una lavatrice. A lungo termine, comunque, studiare una lingua ‘rara’ o emergente come l’arabo o lo stesso cinese può essere una carta in più da giocare”.

Un consiglio a chi inizia a lavorare come traduttore?
“Essere professionali nel proporsi, e non avere fretta di ‘vendersi’ per pochi euro. Occorre pazienza, perché offrirsi a tariffe basse pur di guadagnare qualcosa è una strategia che a lungo andare non paga. Meglio fare un tirocinio in più in un’agenzia di traduzioni, fare esperienza e magari intanto specializzarsi in un settore”.